Caritas

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La Caritas vive principalmente dell'adesione volontaria di quelle persone, credenti e non credenti, che intendono impegnarsi fattivamente a favore degli ultimi. Tuttavia non accetta di ridurre il proprio agire ne' a delega supplente ne' ad assistenzialismo. Ritiene infatti essenziale, mentre si spende per una concreta prossimita', non smettere mai di cercare criticamente le cause personali e strutturali (economiche, sociali, culturali, ...) che producono o almeno favoriscono la marginalizzazione dei piu' deboli. In tal senso la prima forma di Carita' diventa la Giustizia, concretamente declinata sui diritti di cittadinanza di ogni persona. Nella stessa logica, si rifiuta ogni tipo di asserzione che veda nella diversita' (culturale, religiosa, etnica,...) una qualsivoglia legittimazione a percorsi di discriminazione.

La Caritas si propone dunque come una medaglia a due facce
. L'unicita' della medaglia e' data dalla natura pedagogica della Caritas. Prima che il fare resta l'educare, l'animare, il promuovere. Il fare ha il valore di "segno". Non vi sono cioe', pretese esaustive rispetto al bisogno. Cosi', se la Caritas cerca di piegarsi sul bisogno, prendendosi cura in modo meno inadeguato possibile della persona che lo vive, il vero obiettivo non sta nella qualita' della cura ma, per un verso, nel bisogno da far regredire e, per l'altro verso, nella cura da moltiplicare come forma normale delle relazioni interpersonali. Ecco l'unicita' della medaglia, il cui nome e' animare (e-ducare), e le sue due facce: il bisogno e la cura.

La prima e piu' conosciuta faccia e' quella del bisogno. La Caritas infatti non smette di attivare servizi-segno a favore dei piu' deboli, facendosi presente anche nelle emergenze internazionali. Lo fa coinvolgendo la disponibilita' volontaria di tanti uomini e donne, che mentre regalano qualcosa di se' accettano di "pensare". In tal senso la formazione permanente diventa parte normale dell'attività del volontariato. Si potrebbe dire un "far pensare facendo". La seconda faccia e' quella della cura, intesa come mentalita', cultura. In tal senso l'agire Caritas, se anche fosse il piu' efficiente rispetto al bisogno, diverrebbe fallimentare se dimenticasse l'educare. Anzitutto le Comunita' cristiane o parrocchie, e quindi la convivenza civica: sono l' oggetto-soggetto dell'educare (o pedagogia) Caritas. Si tratta di imparare a interagire criticamente con la gestione e la progettazione sia delle parrocchie come della convivenza civica nella polis. Il percorso educativo, di indole evangelica, potrebbe essere cosi' sintetizzato:

  • parte dalla prossimita' al bisogno anzitutto dei piu' deboli, che i vescovi italiani chiamavano ripartire dagli ultimi;
  • passa attraverso la presa in cura della persona fiaccata, chiamando in causa anzitutto le strutture preposte gia' esistenti, per un affrancamento nella misura della sostenibilita' possibile;
  • giunge alla necessita' di scommettersi nella semina di una cultura solidale, non intesa in termini di straordinarieta' o di beneficenza ma di "normalita'" interpersonale ed istituzionale.

La Caritas e' nata nel 1971 per volonta' di papa Paolo VI, che intendeva cosi' superare le precedenti OPA (opera pontificia di assistenza) e ODA (opera diocesana di assistenza) . L'organismo ecclesiale Caritas si articola su scala parrocchiale, diocesana, nazionale ed internazionale.